Gli irresponsabili

Pri, partito di minoranza non si faccia condizionare dalla sua "minoranza"

di Francesco Nucara

Scriveva Giuseppe Mazzini nelle sue "Note autobiografiche" (fra il 1861 e il 1866): "Io avevo l’anima traboccante e assetata d’affetti e giovine e capace di gioia come ai giorni confortati dal sorriso materno e fervida di speranze se non per me, per altrui. Ma in quei mesi fatali mi s’addensarono intorno a turbine sciagura, delusioni, disinganni amarissimi, tanto ch’io intravidi in un sùbito nella scarna sua nudità la vecchiaia dell’anima solitaria e il mondo deserto d’ogni conforto nella battaglia per me".

Questa citazione ben si attaglia al momento che sta vivendo il Partito Repubblicano Italiano e il sottoscritto in particolare.

La solitudine di chi si sente isolato e criticato, soprattutto da quanti hanno contribuito a determinare una situazione incresciosa che può ben apparire esiziale per il futuro del repubblicanesimo.

Criticato e offeso da quanti per anni hanno predicato essere indegno che un segretario di partito fosse eletto in altre liste che non fossero quelle repubblicane e criticato oggi per non essere più presenti in Parlamento.

Avevo rifiutato la candidatura nel 2001 e l’ho rifiutata nel 2013 perché così avevo più volte dichiarato essere mia intenzione ai repubblicani.

Non sono aduso a mentire. Mai! Sono stato con sconsideratezza e violenza attaccato dalla minoranza (e anche da qualcuno che della maggioranza forse fa parte solo in apparenza) quando in discussione non era la mia persona, bensì il progetto liberaldemocratico, a cui tutti unanimemente avevano aderito.

A voler realizzare questo disegno era un calabrese tenace e perseverante, teso a ciò secondo le indicazioni ricevute dagli organismi congressuali: gli unici abilitati a definire la linea politica del Pri, che va realizzata secondo le indicazioni del Consiglio e della Direzione Nazionale. Tutto questo deve avvenire senza spinte anarcoidi, che tanto appassionano una parte maggioritaria degli amici di Ravenna, usi a strappare manifesti del Pri. A dirla in breve, una minoranza concentrata soprattutto in provincia di Ravenna vorrebbe influenzare e determinare il sentire e l’agire di tutto il popolo repubblicano. Perché perdete tempo a cercare "il partito che non c’è"? Noi repubblicani il partito lo abbiamo da più di un secolo - tra poco 120 anni. Chi nel partito – da sempre – ha rappresentato l’ala dell’estrema destra, alleandosi con ideologi del fascismo (chiariamo che sul piano personale si trattava di persona seria, onesta e competente), oggi compie una virata a 360° gradi e si allea con Vendola. Nulla da rilevare sul piano locale, ma per evitare raccolte di firme per la presentazione di liste repubblicane l’intera dirigenza pugliese si "autosospende dal Pri". Gente da poco, che dovrebbe ben sapere che iscrizioni, autosospensioni e dimissioni sono patrimonio esclusivo dei singoli iscritti. Forse qualcuno ritiene che l’insulto sia la cosa migliore per manifestare le proprie frustrazioni. Dovrebbe domandarsi il perché di tante dimissioni di rappresentanti istituzionali eletti nel Pri e di dirigenti repubblicani della Puglia.

Tale Giovanni Pezzullo si ritiene meravigliato e sorpreso che le Regioni che esprimono due deputati (Calabria e Campania) non hanno contribuito a presentare liste repubblicane.

Ma Giovanni Pezzullo lo sa che il Parlamento è formato da Camera e Senato? Probabilmente no, altrimenti si sarebbe chiesto perché non sono state presentate liste in Lombardia e nelle Marche, e si sarebbe chiesto altresì perché, malgrado "l’eterna" presenza di un senatore in Lombardia, a tutt’oggi in quella regione non è stato definito il tesseramento.

Ho rifiutato la candidatura nel Pdl perché è stata posta la condizione irrinunciabile che il candidato dovesse essere il sottoscritto. Avevo già detto ripetutamente che non ero più disponibile a candidarmi, e non solo a parole – come altri hanno inteso fare – ma anche nei fatti. A ciò va aggiunto che un repubblicano, se è degno rappresentante del suo partito, non si fa scegliere i candidati da altri partiti.

Naturalmente tutto ciò non allevia la mia amarezza per quanto successo e non mi esime da responsabilità politiche che, al di là delle possibili attenuanti, sono comunque in capo al segretario nazionale.

Avrò modo di chiarire tutto nella Direzione già convocata. Proporrò di azzerare tutti gli incarichi assegnati dalla Direzione stessa e convocheremo il Consiglio Nazionale per proseguire nel rinnovamento, che sarà fatto con potature radicali, prima che l’albero repubblicano della libertà si inardisca definitivamente.

La "traversata nel deserto"? Facciamola tutti insieme, ripeto tutti insieme, perché il sottoscritto non è più in grado di portare alcuno sulle proprie spalle.

A quanti, ex repubblicani (perché ormai tali bisogna considerarli), hanno preferito candidarsi in altre liste, i migliori auguri per avere gettato alle ortiche la loro storia; a quanti hanno contribuito a raccogliere firme per la presentazione di liste alternative, un plauso sincero per la loro faccia tosta.

Il tempo passa, la società cambia, ma i repubblicani no: essi, più che uomini di pensiero, sono dediti talvolta all’autoidolatria.

Così scriveva Giovanni Conti nel 1946: "Conseguenze di questo modo di vedere e di … non vedere, di questo modo di sentire e di agire, sono state e sono una diffusa musoneria, un iroso scetticismo, un parlare acre, aspro, un recriminare inesistente e atteggiamenti da rivoltosi, che due, tre, venti, quaranta anni or sono andavano benissimo, ma che, oggi, in Repubblica sono semplicemente assurdi".

E ancora più avanti: "Sono rimasti al loro vecchio posto i declamatori, e si sono avuti i più vari atteggiamenti: conformisti, riformisti, ‘ribellisti’; si sono avuti gesti, scatti, avanzate, ritirate, malumori e dissapori; tutto meno che un atteggiamento serio, consapevole e responsabile".

Come conosceva bene i repubblicani di oggi Giovanni Conti!